Sotto il profilo del business, la sfida principale per un professionista è quella di creare valore ai propri servizi offerti. Questo valore deve essere percepito dagli utilizzatori, dal proprio team, da se stessi. Questo valore, se reso ripetibile e di alto livello qualitativo (nota1), non si raggiunge occasionalmente, fortunosamente, casualmente. In particolare, nell’ambito economico e del marketing, questo valore, non si ottiene perché si controllano i costi o perché si sono introdotti numerosi indicatori di verifica della marginalità reddituale, del conto economico e dello stato patrimoniale (azioni spesso ridondanti per un normale studio libero professionale!).
Il valore dell’eccellenza, si ottiene perché esiste una gestione frutto di obiettivi, di impegno, di condivisione di valori, di pianificazione, di conoscenza e di capacità di governo.
Lo studio libero professionale, orientato all’eccellenza, dovrebbe dedicare tutti i propri sforzi costruendo un percorso strategico, definendo la mission e la vision (valori e principi) e la business strategy [1] per garantirsi che tutte le attività siano convergenti e producano le politiche per realizzare il valore atteso.
Possedere un sistema di gestione, significa questo, non acquistare un software.
Esistono diversi modelli concettuali di architettura di impresa, alcuni sono mentali, altri applicativi ma tutti generano un “metodo” senza del quale si perde la scientificità del management. Per citarne alcuni, potrei ricordare il modello EFQM (European Foundation for Quality Management), il modello Malcom Baldridge, il modello di G. Hamel e C.K. Prahalad, di Tito Conti, di I. Jacobson, di C. Marshall…
L’insuccesso nel business
Da sempre la parola management si è associata alla gestione di un sistema basato sul conto economico, focalizzando gli sforzi sul profitto di chi investe, credendo (a torto, ma lo vedremo in seguito) che ad investire fosse il titolare dello studio.
Ritenere che la ragione di esistere dello studio e perché questo possa continuare ad esistere, sia esclusivamente determinato dalla logica del profitto, non sarebbe una risposta inesatta, ma è semplicemente superficiale ed inaccettabile. Il vero finanziatore è chi utilizza il servizio (paziente), nel caso del libero professionista.
Il modo di governare lo studio, centrando tutto sul profitto, secondo la visione della TQM (Total Quality Management) e secondo le teorie consolidate della gestione di impresa, è inadeguato. Una eccessiva attenzione verso il controllo dei costi, dei centri di spesa, così come la credenza inesatta che un software gestionale di controllo economico possa generare soluzioni di buon governo dell’attività o la convinzione che le teorie aziendalistiche utilizzate per le grandi imprese, possano essere adattate con successo alla realtà dello studio professionale, sono concetti inadeguati.
Naturalmente ció non significa che il professionista non debba controllare e conoscere i propri conti, ma è una questione da ponderare, l’eccessiva attenzione al capitale può distrarre dal management, quello vero, quello che veramente conta; quello che fissa il nome del professionista, nell’immaginario del cliente (paziente), come un “lovely brand”, tanto che si attivi il “Referral Program” (passaparola).
Se il libero professionista titolare di studio, comunicasse solo assiduamente al dipendente di stare molto attento ai costi ed ai profitti dello studio, non trasferirebbe assolutamente nulla di motivazionale. Non si attiverebbero i valori condivisi nel gruppo, i fattori di crescita culturale sarebbero nulli, le gratificazioni professionali personali sarebbero inesistenti, il riconoscimento della Qualità Percepita da parte degli utilizzatori dei servizi (elemento questo di grande motivazione individuale), sarebbe anche esso ridotto ad un mero rapporto commerciale, Prima o poi l’obiettivo del dipendente verrebbe a mancare.
Il successo dello studio fallisce e la tensione costruttiva, l’allineamento, l’orientamento e l’organizzazione non manifestano più quell’intento strategico. Gli studi libero professionali che raggiungono il successo’ che realizzano profitti e che soprattutto lo mantengono nel tempo, sono quelli che trasmettono valore a tutti gli “stakeholders”, fidelizzandoli.
La focalizzazione solo sugli obiettivi economici e di profittabilità, produce un successo effimero, temporaneo, solo di immagine, che svanisce nel tempo non assicurando il “Competitive Advantage” a lungo termine.
Possiamo raggiungere il successo a medio termine ed a a lungo termine, solo se si riesce a coinvolge tutti gli stakeholder, introducendo il concetto strategico della percezione da parte degli utilizzatori del servizio, come aspetto determinante per il successo dello studio libero professionale, attraverso valori condivisi, immagine, comunicazione in un rapporto di interscambio che va affidato alla ricerca di una corretta organizzazione, di un metodo manageriale realmente efficace e misurabile nei risultati.
L’insuccesso nel business: le cause
Nel business la causa all’origine dell’insuccesso si può quindi attribuire alla mancanza della consapevolezza e della sensibilità, da parte dei titolari e del management, che la gestione debba essere svolta con mezzi adeguati, innovativi, adatti a generare le conoscenze dal passato per governare il presente, espletando compiti, previsioni e decisioni.
Una forte criticità che determina l’insuccesso è la mancanza di umiltà, indispensabile per cogliere le situazioni ed i problemi nel modo realistico, ed evitare le “illusioni cognitive“, caratteristica spesso tipica di ogni manager. Bisogna sempre ricordassi che la perfezione è molto lontana dalla realtà e che l’impresa perfetta non esiste! Questo vale per tutto e tutti.
È necessario pertanto introdurre il concetto di “Organizzazione Ideale di Riferimento” (OIR), intesa come l’organizzazione eccellente, capace di possedere un sistema di misurazione che coinvolge tutti gli stakeholder, tale da poter raggiungere in modo armonico e coerente i risultati prefissi dagli obiettivi.
L’OIR (eccellenza) non deve essere definibile come una generica organizzazione perfetta, ma come un sistema di coerenza, che realizza lo scopo, permettendo la competitività a lungo termine dell’attività professionale. L’organizzazione progettata in questo modo è in grado di realizzare il compito per il quale nasce il servizio, è caratterizzata da apprendimento e da comunicazioni adeguate, quindi è anche esente da tutte quelle sovrastrutture che normalmente si devono creare per gestire il disordine, causato dagli errori.
Nell’organizzazione eccellente i difetti ed i tempi morti non esistono, le previsioni e le decisioni sono corrette, gli appuntamenti sono rispettati ed anche gli incassi. A tale organizzazione corrispondono obiettivi, valori e capacità di governo, ben definiti.
Il detto popolare “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”, esprime le difficoltà nel difficile percorso che si intraprende verso il raggiungimento dell’eccellenza. Molti esperti propongono modelli gestionali di eccellenza teorici, ridondanti e sovradimensionati alla reale necessità, quindi eccessivamente costosi e non necessari, generando un insuccesso per eccesso di attività manageriali. Il management deve essere in contatto con la realtà. Gestire un’organizzazione realmente, significa conoscere i suoi problemi e le sue contraddizioni.
I risultati dell’Organizzazione Reale (OR), spesso, presentano scostamenti rispetto agli obiettivi del suo modello di eccellenza nel business (modello ideale di riferimento) che definisce la propria missione, la soddisfazione della quale esprime la propria eccellente capacità. Più è grande questo scostamento (performance GAP), più numerosi e critici sono i problemi che caratterizzano la gestione reale. Dobbiamo evitare che il management perda la visione sistemica globale dell’organizzazione e del business.
Il primo passo iniziale è quello di definire la consapevolezza che il successo si determina dal coinvolgimento totale di tutti (pazienti in primis) verso gli obiettivi percettivi della qualità del servizio e del livello di soddisfazione. Gli obiettivi, l’intento strategico, la Mission, la Vision, le attese, i ruoli, la partecipazione, sono solo alcuni degli elementi che concorrono alla genesi ed allo sviluppo della riduzione degli insuccessi. La soddisfazione dei clienti (pazienti) è quindi missione fondamentale per i raggiungimento degli obiettivi di business e di immagine dell’attività libero professionale.
Pertanto il modello ideale di riferimento per l’eccellenza nel business, adattabile e personalizzabile per ogni professionista, dovrebbe essere realizzato da tre elementi fondamentali legati da una relazione di causa/effetto:
- A – Fattori Sistemici (che caratterizzano l’organizzino come sistema ed indirizzano l’impresa verso il proprio intento strategico ed i propri obiettivi;
- B – I Processi (che costituiscono le catene del valore attraverso il quale lo studio realizza il proprio intento strategico ed i propri obiettivi e dello studio stesso;
- C – I Risultati di Business e di Immagine ( che esprimono la realizzazione dell’intento strategico e degli obiettivi).
Dalle cause ai risultati, per generare il Business Excellent Management.
Questo che vi ho appena illustrato, è ancora più interessante, se ci soffermano sui Fattori Sistemici, che sono: la Leadership (motore degli individui e propulsore dell’organizzazione), le Strategie, la gestione delle Risorse Umane, la gestione delle Risorse Tecniche, quelle Finanziarie ed Informative, il Metodo ed i Modi con cui si gestiscono il processi produttivi per raggiungere le performance attese.
Gli scostamenti, il delta, tra i modelli ideali di riferimento (modello di eccellenza), personalizzato dal professionista e la situazione reale, si possono evidenziare da un controllo accurato e rigoroso dei processi su tutti i livelli, confrontando il risultato con gli obiettivi originari e con il self-assesment (autodiagnosi trasversale dell’organizzazione, analisi di sensibilità, ascolto, da parte di tutti gli attori coinvolti nel processo organizzativo e produttivo,, incluso il fruitore del servizio-prestazione).
Relativamente alla leadership, questo self-assesment serve appunto per valutare il grado di maturità di tutti, ed il livello di soddisfazione dei clienti (pazienti), utilizzando strumenti di monitoraggio costante, periodico, quali i questionari, gli audit (nota3), gli scostamenti dei dati economici e dei tempi e metodi della produzione.
Generalmente i valori degli scostamenti rappresentano i sintomi di un insuccesso.
Gli insuccessi nella performance GAP
La quotidianità, la routine, occupa la maggior parte delle nostre risorse operative. Per questo la maggior parte delle attività di management devono tendere verso quest’area e non verso le eccezioni e le occasionalità. Se in un’organizzazione vi fosse una preponderanza di urgenze e di problemi, il management dovrebbe definire un sistema di processi operativi di emergenza (il Triage di un Pronto Soccorso).
Ma anche in questo caso ci sarebbe necessità di pianificare i processi ed i percorsi! Anche la gestione dell’emergenza può essere il lavoro di un manager. Il fattore di insuccesso nell’organizzazione è quello di non avere l’organizzazione adeguata alla realtà specifica, situazionale e sistemica (in questo esempio si definisce Supply Chain Management).
Sempre, comunque, le decisioni efficaci si basano su dati, frequenze, disponibilità delle risorse, informazioni reali, logica ed intuito.
L’insuccesso, anche i questo caso è generato dalla mancanza degli obiettivi e della misurazione dei risultati, reali, generando contraddizioni e caos, frutto di aspettative teoriche ed incerte.
La qualità delle decisioni corrette dipende dall’efficacia del processo decisionale che a sua volta dipende dalla decisione del manager (titolare di studio) e dalle condizioni di incertezza in cui le decisioni vengono prese (coerenza e stabilità, accuratezza, tempestività, rilevanza e quantità delle informazioni rese disponibili). Il percorso che porta all’insuccesso passa attraverso la sottovalutazione dell’importanza di processi organizzativi, dimenticando o peggio ancora disconoscendo il ruolo degli stakeholder ed in particolare anche del singolo cliente (paziente) in termini di soddisfacimento, motivazione e partecipazione anche sotto il profilo economico/organizzativo.
Non la singola azione, ma la capacità di saper organizzare in modo reale un insieme di processi, che genera il successo nel tempo.
Il successo è in ogni caso il frutto dei risultati di un processo eccellente, composto di una struttura di prim’ordine, persone formate ed allineate verso gli obiettivi, di un ambiente coinvolgente in cui esse possano operare.
Conclusioni
Non esiste un’organizzazione ed un management perfetti. Esiste l’organizzazione con il proprio DNA, la propria configurazione, architettura organizzativa fatta di persone, risorse, capacità, leadership, intento strategico. Invece di cere Are la forma organizzativa perfetta, i manager devono imparare a creare il modello ideale di riferimento, il modello eccellente dell’organizzazione, che deve essere adattato al compito da realizzare. È responsabilità dei manager (titolari di studi professionali) e del loro team, cercare, sviluppare e provare a spingere l’impresa reale a provare ad avvicinarsi il più possibile al modello ideale di riferimento che in questo caso esprimerebbe l’eccellenza per il proprio business.
I criteri di insuccesso possono essere distinti in: leadership (cultura e coinvolgimento del vertice aziendale); gestione del personale; politiche e strategie; gestione delle risorse; processi (regole e procedure, misurazione delle attività); risultati (cosa produce l’azienda); soddisfazione del personale (crescita professionale, motivazione, coinvolgimento); soddisfazione del cliente (soddisfazione, fidelizzazione); impatto sulla società (Codice Etico); risultati di business (risultati economici e finanziari).