Indubbiamente aprire uno studio odontoiatrico rappresenta sempre più un investimento con un rischio di impresa alto, ma questo non significa che, sebbene i cambiamenti normativi e di mercato siano fluttuanti, non convenga. Non mi soffermo sui costi (diretti ed indiretti) né sulle strategie di successo professionale per aumentare e mantenere il livello di soddisfacimento dei pazienti e sulle regole del management che da molti anni sto comunicando agli odontoiatri attraverso i miei corsi e consulenze.
Questo prevedrebbe già di aver effettuato una scelta tra l’una e l’altra soluzione (titolari o consulenti). Sul tema di questo articolo si potrebbe scrivere un manuale dal punto di vista giuridico, organizzativo, economico o finanziario.
Partiamo però dal Paziente/Cliente.
Il cliente (paziente) è patrimonio fondamentale di ogni impresa (che sia individuale o gestita in forma collettiva).
Quando si adotta una visione del paziente-impresa tipica del settore dei servizi (il medico possiede due caratteristiche: quella di imprenditore, quando dirige la propria struttura privata gestendone i costi ed i profitti e quella di clinico quando si concentra sulle patologie dei pazienti), fondamentale è conoscere che cosa determina la sua soddisfazione e come fare per preservare questo stato; la ricerca della fedeltà del cliente rappresenta l’obiettivo degli sforzi organizzativi di ogni impresa. Sia che si eserciti la professione come consulente che come titolare, il principio della soddisfazione del cliente è alla base del servizio medico e del “business”.
Qui è la centralità del tema da trattare. Come consulente, potreste decidere sulla soddisfazione del vostro cliente ugualmente? Avreste un sistema di organizzazione adatto per voi o dovreste “subire” decisioni altrui adattandovi? Non è solo un problema di costi, perché il risultato di un investimento è dato solo dalla soddisfazione dei clienti!
Certo che i rischi nell’aprire uno studio sono maggiori, ma anche i profitti sono potenzialmente più interessanti! Ma la soddisfazione del cliente è il risultato di un’esperienza, mentre la percezione di qualità della prestazione è connessa piuttosto al giudizio formulato dal cliente sull’organizzazione, e non necessariamente si fonda su un dato esperienzale. In altri termini, la soddisfazione è funzione del rapporto tra aspettative e prestazioni ottenute.
Le aspettative sono un fenomeno molto complesso da indagare; gli elementi che determinano la formulazione delle aspettative da parte di un individuo sono riferibili a:
- Caratteristiche dell’individuo;
- Situazione specifica dell’organizzazione che eroga il servizio;
- Caratteristiche relazionali (economiche, ambientali, umane, …)
I pazienti sono i più pronti a recepire le novità ed a chiedere sempre più servizi
Per aprire uno studio odontoiatrico vi sono oggi 5 possibili assetti istituzionali giuridico/economici:
- studio in comunione
- società di servizio e di mezzi
- Associazione tra professionisti
- società professionali
- società di gestione sanitaria
Occorre, oltre alla sede (gli americani dicono che per avere successo servono tre cose: location, location, location), dobbiamo considerare alla base quanto di sotto riportato, in modo solamente accennato e non approfondito per esigenze di spazio, nello schema sottostante:
Punti di forza nell’apertura di uno studio:
- Qualità clinica e soluzione di casi complessi realizzabile attraverso l’offerta di consulenti esterni. Quindi la possibilità di implementare il business e offrire servizi “senza lavorare” ma facendo lavorare altri.
- Allo studio si rivolgono pazienti che memorizzano la struttura, mentre un consulente non lavora mai nella “sua” struttura e quindi è visto spesso “di passaggio”. Il valore del consulente è direttamente proporzionale dal “mediatore” che ha il rapporto iniziale con il paziente. Infatti un consulente in una struttura non adeguata riflette l’eventuale inefficienza della struttura.
- I pazienti si fidano maggiormente di chi ha una struttura logistica, piuttosto di chi “migra” (Nomadismo nell’esercizio professionale – Arianto srl – 2006 – A. Pelliccia)
- La gestione delle risorse umane (dipendenti: assistenti e segretarie) è molto più semplice se vi è continuità di rapporto. Il consulente ha sempre una relazione saltuaria con loro.
- Gestione economica con i pazienti che per il titolare dello studio è decisamente più favorevole perché in grado di praticare tariffe personalizzate, senza avere legami con le percentuali tipiche di un consulente medico.
- Tecnologia dello strumentario molto avanzata (High teach) che il titolare può decidere di acquisire. In molti casi i consulenti devono dotarsi loro stessi della tecnologia che non trovano sempre adeguata negli studi dove esercitano.
- Inutile dire che il titolare può progettare uno studio a suo piacimento dal punto di vista architettonico (layout).
- Progressivo aumento della notorietà del professionista titolare di studio, determinata dalla “stabilità” e dalla “territorialità”.
- Possibilità di farsi pubblicità, mentre per il consulente tutto ciò è più difficile e, comunque, se dovesse farlo, la ricaduta non sarebbe mai solo per se stesso ma sempre anche verso la struttura (studio) dove opera.
- Sostituibilità in caso di necessità (malattia, ferie, …). Certamente il consulente ha più difficoltà anche in questo frangente.
Punti di debolezza nell’aprire uno studio:
- Necessità stabile di personale di assistenza e segreteria che spesso, per vari motivi, deve essere sostituito, con dispendio di denaro ed energie.
- Adempimenti burocratici, fiscali e giuridici non indifferenti oggi. Anche se gli “Studi di Settore” riguardano sia i titolari che i consulenti, questi ultimi per il fatto che hanno meno spese, riescono a governarli decisamente meglio…
- Difficoltà di reperire Igienisti diplomati e quindi difficoltà nello sviluppare un “core business” sulla prevenzione e sull’assistenza ai pazienti per fidelizzarne il valore nel tempo.
- Difficoltà nella gestione e nel Management, con ritardi della produzione (tempi non rispettati clinicamente – ritardi negli incassi – esposizione con le banche – …)
- Rischio di impresa elevato, soprattutto oggi che il numero degli esercenti (concorrenti) è elevatissimo.
- Necessità di governare ance i consulenti, oltre a doverlo fare per se stessi.
- Errata programmazione dell’appuntamento in base a ciò che si deve produrre.
- Difficoltà nel realizzare una corretta interfaccia tra la clinica e la segreteria con problemi organizzativi che spesso rappresentano una criticità insostenibile.
- I titolari di studio non hanno mai tempo. Perché non hanno tempo? Perché sono imprenditori e “devono” lavorare sempre al massimo per trovare e mantenere i clienti. Spesso sono servizievoli, anche se dovrebbero proporre solo servizi…
- Rapporti non sempre facili con l’odontotecnico di protesi fissa che se lento non rispetta le consegne anche se precisissimo e molto bravo
- Obbligati a cedere leadership in favore di una migliore comunicazione interna al Team.
- Esaminare, controllare, analizzare i flussi di vendita, di produzione, di incasso, i costi, la modulistica e la contabilità…(che di base è concettualmente corretta, ma poi si scopre sempre qualcosa…)
- Valutare la rispondenza della strutture al fabbisogno e alla funzionalità della programmazione. Il titolare deve sempre calcolare quando è il caso di “investire” o no in base all’andamento del business. Il consulente non investe per definizione (salvo piccole spese eccezionali e non periodiche).
- Definire le procedure ed i termini di svolgimento dell’attività come se fosse un “direttore Sanitario”, un “Primario” e un “Direttore Generale” in uno.
- Emanare l’atto di indirizzo e coordinamento dello studio (la “filosofia”) nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:
- garantire l’eguaglianza fra tutte le risorse umane relativamente ai requisiti ulteriori richiesti e verifica periodica;
- garantire il rispetto delle condizioni di lavoro previste dalla vigente normativa nel rapporto di lavoro con il personale comunque impegnato in tutte le strutture;
- assicurare che tutte le prestazioni siano svolte con dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità, qualità e funzionalità in relazione alla tipologia delle prestazioni;
- garantire che tutte le prestazioni siano assicurate da adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e alla qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato;
- prevedere la partecipazione della struttura a programmi di formazione professionale tra pari;
- prevedere la partecipazione degli operatori a programmi di valutazione sistematica e continuativa dell’appropriatezza delle prestazioni erogate e della loro qualità, anche in collaborazione (e soprattutto) tra le risorse interne ed i consulenti esterni.;
- prevedere l’accettazione del sistema di giudizi esterni come la Qualità Percepita dai pazienti/clienti sulla appropriatezza e sulla qualità delle prestazioni erogate,
Moltissimi di questi passaggi, nelle lettere al capoverso degli articoli appena elencati, devono essere approfonditi per evitare una sicura incertezza e difficili scelte di opportunità.
Ma il professionista (ancora “libero”) può sceglie se “diventare” imprenditore. Si perché imprenditori si diventa, non ci si nasce!
Si studia come reagire per far fronte a tutte queste variabili, spesso incontrollate della gestione e come trarre il maggior risultato in termini di soddisfazione etica, deontologica ed economica dalla propria professione. C’è a mio giudizio un solo modo di scegliere. In entrambi i casi, sia titolare che consulente: Gestire la Qualità.
Il punto adesso è questo: il costo della Qualità della propria Vita e della professione. Come ho detto il titolare di stuio ha certamente meno tempo disponibile … soprattutto all’inizio della sua attività.
Ho più volte espresso nei miei articoli il concetto di qualità, determinando quattro livelli.
- Qualità Clinica (la più importante! Il medico assume la responsabilità e ogni paziente è assolutamente diverso l’uno dall’altro!). Questa è comune sia al titolare, sia a chi sceglie di lavorare come consulente;
- Qualità Economica (è molto sentita dai pazienti e dagli odontoiatri, deve tenere conto del margine di profitto, dei costi e dei rischi di impresa, della specialistica prestazione, unica sempre nel suo genere e non frutto di una produzione seriale, anche se i pazienti pensano di acquistare un dente …!). Anche questa, sebbene con rischi diversi è comune ad entrambe le due figure.
- Qualità della Relazione (in base a questa i pazienti ricevono le maggiori percezioni di fiducia verso l’uomo, verso il Medico. E’ la qualità più importante nella medicina e negli studi medici, è la relazione dialogica. Anche questa ha molteplici variabili soggettive e rappresenta la gestione della personalità!). Qui spesso il consulente deve adattarsi allo “stile” dello studio dove opera.
- Qualità dell’Organizzazione (e quella che stabilisce in quanto tempo emettete la fattura, piuttosto che i tempo per fissare l’appuntamento o come gestire i fornitori, … E’ l’unica vera grande variabile tra i due).
Dobbiamo quindi considerare di lavorare in un sistema di quattro qualità per poter condurre con successo l’attività professionale (etica, deontologica ed economica) nel tempo.
Ecco quindi delinearsi una nuova figura di medico-manager, capace di sviluppare anche una Qualità della Vita.
Oggi assistiamo ad un fattore innovativo, per la prima volta il “sistema odontoiatrico” dell’economia di settore, non riesce a soddisfare l’offerta di cure. Ecco allora tornarmi utile un vecchio primo esame della Facoltà di Economia dove studiai l’”Elasticità della Domanda”. La domanda e l’offerta sono elastiche , si contraggono e si sviluppano in finzione di numerosissimi parametri: prodotto, servizio, quantità di concorrenti, modalità di pagamento, economia e finanza, marketing…
Questo è un terzo punto, dopo i Pazienti e la Qualità, vi sono i Concorrenti e l’economia del mercato!
In alcune Regioni il problema è più sentito.
Spesso interessi non clinici ostacolano però tale neutralità deontologica ed assistiamo alla figura “immaginaria” del paziente che fa shopping esterofilo. I pazienti emigrano verso sedi più “Qualitative”. Non che in quei territori (e ciò vale anche per le più ricche Provincia del Nord) non vi siao ottimi dentisti, ma è che questi non sono stati in grado di raggiungere quel “Valore Aggiunto” che oggi è determinante dopo la capacità clinica.
Ecco allora che diventa riduttivo limitarsi alla frase: Consulente o titolare? Se volete vi dico la mia.
Meglio titolare solo se avete la costanza di intraprendere quel duro lavoro di managerialità, di posizionamento di azienda, di organizzazione e di sacrifici che un “imprenditore” in sanità deve fare.
Anche la Corte Suprema di Cassazione ha sancito la figura di dentista/imprenditore, come colui che “intraprende” una attività investendo capitali per generare profitti. Occorre non solo incrementare, ma piuttosto mantenere tutti i pazienti attraverso un programma mirato di motivazione e di informazione, efficacia ed efficienza terapeutica nel tempo per assicurarsi anche grazie alla prevenzione ed al concetto di “terapia di mantenimento” i pazienti, che rappresentino tutti, nel loro insieme, la risorsa fondamentale per lo studio odontoiatrico.
Il medico-manager sa che i costi della sua struttura, sono levitati notevolmente in questi ultimi anni, così come il numero degli adempimenti, ma anche la qualità è cresciuta e discapito delle tariffe che sono quasi ovunque rimaste invariate…
Il rapporto prezzo/qualità però non potrà mai scendere al di sotto di un certo valore se non a discapito della stessa terapia, ed ecco quindi presentarsi l’esigenza di attivare nuove modalità di pagamento delle terapie, attraverso soluzioni anche finanziarie, per mettere in condizioni tutti i pazienti di usufruire della terapia (Codice Deontologico).
Una considerazione di fondo però va fatta. I consulenti sono necessari ma per definizione devono essere un gruppo minore degli esercenti, altrimenti se l’intera odontoiatria si riducesse ai consulenti, paradossalmente, entrerebbero in scena gli imprenditori, quelli che però non sono “medici” ma consigli di amministrazione e capitali esterni.
Questo non è negativo se esiste sempre un mercato di equilibri, di competizione e di concorrenza, ma diventa critico se le risorse economiche sono solo esterne al mondo della medicina, mettendo in discussione prima di tutto il “libero arbitrio” del medico che dovrebbe andare al di là dei costi e dei profitti, attribuendo in modo etico e deontologico il significato della professione.