Parliamo di Educazione dei Sentimenti
Umberto Galimberti, scrittore, filosofo e professore ordinario all’Università Ca’ Foscari di Venezia negli anni ha approfondito gli studi sul legame tra psicanalisi e filosofia e sull’importante equilibrio tra genitori e figli:
I sentimenti non sono una dote naturale e non si trasmettono geneticamente, bensì si apprendono dai genitori ed è soltanto attraverso la costruzione di mappe emotive che si possono costruire relazioni e legami.
La responsabilità dei genitori nell’educazione dei figli è un tema delicato, che invita a riflettere su un “mestiere” molto difficile, quello del genitore. Non si tratta solo di insegnare regole e valori ai figli ma anche di essere in grado di dare un’educazione ai sentimenti e al rispetto dell’altro.
La qualità dell’educazione, che non si esaurisce nell’imposizione di norme, è un argomento molto caro al filosofo Umberto Galimberti, noto per i suoi saggi e i suoi libri sulle dinamiche psicologiche ed emozionali dei più giovani.
In un interessante articolo sull’educazione, il filosofo afferma che i genitori hanno la responsabilità di far conoscere i sentimenti ai propri figli fin da piccolissimi, insegnando loro a coltivare l’amore, il dolore, la gioia e la disperazione e a far sì che li possano riconoscere nel loro stato d’animo, avendo la consapevolezza di ciò che provano.
Durante una conferenza il filosofo Galimberti approfondisce la questione con queste parole:
Freud ci ha insegnato che nei primi sei anni di vita si formano definitivamente le mappe cognitive e le mappe emotive dell’individuo. Dopo i 6 anni il modo di conoscere le cose è definitivo. La risonanza emotiva dentro di noi, degli eventi nel mondo, non cambia. Per le neuroscienze, la costruzione delle mappe cognitive, ovvero la chiave della conoscenza sia emotiva sia cognitiva, si abbassa a 3 anni. Ciò significa passare dal semplice impulso, che è fisiologico e naturale, all’emozione, che è un passo evoluto rispetto all’impulso. I bambini comunicano con i disegni e se la mamma non li ascolta, loro si sentono svalutati. Inizia a scadere quella prima forma di sentimento radicata in loro, che è il sentimento di sé. Subentra la perdita dell’autostima e la mortificazione. E continua: “Codificare il mondo per i bambini è fondamentale. I bambini si pongono delle domande per cercare la causa e l’effetto nel mondo e ridurre il tasso di angoscia. I bambini non hanno paura di niente e vanno incontro ai pericoli. Hanno però angoscia. L’ angoscia è quella condizione psichica in cui non abbiamo nulla di familiare per orientarci“.
Ecco perché diventa fondamentale per i genitori aiutare i figli, fin dai primi mesi di vita, a codi!care i sentimenti, a dar loro gli strumenti per una maggiore consapevolezza delle loro sensazioni (Umberto Galimberti – L’educazione sentimentale).
Ma come si insegnano i sentimenti ai bambini?
Galimberti sostiene che se nei primi tre anni di vita, i bambini che non sono accuditi e ascoltati nel modo corretto, rischiano di diventare degli analfabeti emotivi, privi di orientamento, sviluppando quella sensazione di non essere interessanti per gli altri e di non valere niente. Crescono, così, senza una formazione delle mappe cognitive, rimanendo a un livello di impulsività.
Ma cosa sono le mappe cognitive?
Sono la dimensione emotiva e sentimentale di ogni individuo. Se paragonassimo l’individuo al Pianeta Terra, le mappe emotive sarebbero le carte geografiche dell’essere umano. In sostanza sono delle strutture che ci permettono di costruire la nostra identità emotiva. I sentimenti non sono una dote naturale e non si trasmettono geneticamente ma si apprendono. Soltanto attraverso la costruzione delle mappe emotive, insegnate dai genitori, si possono costruire relazioni e legami solidi da adulti. Bisogna quindi curare l’alfabetizzazione emotiva di un bambino, un processo simile a quello con cui egli impara a leggere, poiché comporta l’utilizzo delle abilità per comprendere meglio se stessi e gli altri.
Ma come si formano queste mappe?
Le mappe emotive si formano attraverso la cura e l’attenzione rivolta ai bambini, raccontando per esempio le fiabe e insegnando a riconoscere le emozioni e i sentimenti, distinguendo tra il bene e il male, il giusto e lo sbagliato. E
anche ascoltando i bambini quando fanno delle richieste. Per esempio i bambini segnalano la conoscenza della realtà e del loro universo interiore, attraverso scarabocchi e disegni. Se quando li mostrano alla mamma lei non presta attenzione, il bambino ricava l’impressione di non aver fatto nulla di interessante e di non essere interessante con i suoi lavori.
Se consideriamo che l’identità che il bambino va costruendo in quei primi anni è frutto del riconoscimento, è ovvio che un misconoscimento non aiuta questa formazione, o quantomeno la sfiducia. O ancora, se ai “perché” dei bambini, che a volte pongono questioni non dissimili da quelle filosofiche, si risponde con sufficienza, o senza rispondere al quesito, ancora una volta il messaggio che si invia suona come una svalutazione della domanda e quindi del bambino che l’ha posta. Per questo è importante ascoltare i bambini, curare da vicino i loro progressi gratificandoli a ogni passo, rispondere alle loro domande con serietà e non ridendo della loro ingenuità.
Imparare i sentimenti da adulti
Per Galimberti gli antichi imparavano i sentimenti attraverso i miti. Se guardiamo la storia greca ritroviamo infatti un’infinita gamma di sentimenti possibili: Zeus rappresenta il potere (quindi la passione per il potere), Afrodite l’amore, Atena l’intelligenza (quindi la predisposizione alla razionalità), Apollo la bellezza (l’amore per l’estetica): una complessa fenomenologia dei sentimenti umani. Se i bambini imparano a distinguere il bene e il male grazie alle favole, noi adulti di oggi, li impariamo attraverso la letteratura, che è il luogo dove si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione. Ma se “la letteratura non viene frequentata e i libri non vengono letti, se la scuola disamora, allora il sentimento non si forma. E se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso.” Ecco perché diventa fondamentale, secondo Galimberti, che la scuola possa dare sostegno per la formazione culturale dei ragazzi, per far crescere gli adulti di domani in maniera consapevole ed empatica, senza carenze psichiche.
Per Galimberti, se i bambini non sono stati seguiti nel modo giusto, possono manifestare un’apatia della psiche, che non regista le emozioni, rendendo l’individuo indifferente di fronte ai propri simili, dove l’immaturità affettiva diventa il pilastro dell’esistenza, portando, in casi estremi, a forme di psicopatologie serie.
Un po’ quello che scriveva uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo, Zygmunt Bauman, a proposito della sfera emozionale degli individui: “Le emozioni passano i sentimenti vanno coltivati”.